Diabete & dintorni

Il diabete, il cui nome più appropriato sarebbe diabete mellito, è la più nota malattia metabolica e molto probabilmente anche la più diffusa. Secondo l’ISTAT in Italia nel 2016 oltre 3 milioni 200 mila sono le persone che dichiarano di essere affette da diabete, il 5,3% dell’intera popolazione (16,5% fra le persone di 65 anni e oltre).

La sua insorgenza è legata all’insulina, un ormone prodotto dalle cellule beta delle isole di Langerhans del pancreas. In particolare, il diabete può essere dovuto a:

  • Una ridotta disponibilità di insulina → c’è meno insulina di quanta ne servirebbe all’organismo per il suo corretto funzionamento;
  • Un impedimento alla normale azione dell’insulina → l’insulina è presente, ma l’organismo non riesce a farne buon uso;
  • Una combinazione dei due fattori → l’insulina è poca e non funziona in modo adeguato.

Elemento comune a questi 3 casi è il mancato riconoscimento dell’insulina da parte delle cellule.

Una caratteristica sempre presente nel diabete mellito è l’iperglicemia (elevata concentrazione di glucosio nel sangue). Secondo l’ADA (American Diabetes Association) i valori a digiuno della glicemia dovrebbero essere:

  • Inferiori a 100 –> nei Soggetti sani
  • 100-125 –> nei casi di pre-diabete caratterizzato dalla diagnosi di intolleranza glucidica
  • Pari o superiore a 126 –> nei casi di diabete.

L’OMS e l’ADA classificano il diabete in tre tipologie principali:

  • Il diabete mellito di tipo 1
  • Il diabete mellito di tipo 2.
  • Il diabete gestazionale.

Per questioni di sintesi ci concentreremo sul diabete mellito di tipo 2, decisamente più diffuso, infatti secondo la maggior parte delle stime, circa il 90% della popolazione diabetica ne soffre.

Dicevamo che l’aumento della glicemia dipende dal fatto che le cellule non riconoscono e rifiutano l’insulina,  e questo meccanismo si verifica con maggiore frequenza nei soggetti in sovrappeso. Così lo zucchero che rimane nel sangue stimola il pancreas a produrre altra insulina che a sua volta favorisce l’aumento di peso. Insomma un vero e proprio circolo vizioso.

Il rimedio che più di frequente si sente è : “Eliminare gli zuccheri”!

È questa una un’indicazione troppo vaga che elimina certamente un problema, ma non garantisce che l’alimentazione che ne deriva sia equilibrata in generale e adeguata al caso specifico.

Prima di tutto va fatta un po’ di chiarezza. È importante capire la differenza tra IG e CG.

L’IG in maniera semplice possiamo dire che esprime la capacità dei carboidrati contenuti negli alimenti di innalzare la glicemia. Nel suo calcolo si rapporta, ad intervalli di tempo regolari, l’aumento della glicemia  causato da 50 gr di carboidrati di un dato alimento, con quello causato da 50 gr di glucosio, a cui viene attribuito il valore 100.  Ad esempio come si vede dall’immagine, alimenti ad alto IG sono i Corn Flakes, e il riso bianco, a basso IG uva bianca e noccioline.

Ma quello a cui bisogna prestare maggiore attenzione è il CG: esso valuta l’effetto sulla glicemia di un alimento considerando le quantità effettivamente consumate. E si calcola con questa formula: indice glicemico per quantità di carboidrati presenti in 100 gr di alimento, diviso 100 gr.

È quindi il dato fondamentale su cui basarsi perchè più completo. Per capire cosa voglia dire, vi faccio un esempio.

Se ci fermassimo al dato dell’IG dovremmo concludere che è meglio mangiare dei biscotti frollini, rispetto all’anguria. Il che è paradossale! Ma andando a calcolare il carico glicemico di entrambi gli alimenti, si vede come l’effetto sulla glicemia dei frollini, sia ben 5 volte superiore a quello dell’anguria. Per cui attenzione!!

Biscotti frollini=IG59 x 45,20g carboidrati per 100g / 100g = 26,66
Anguria=IG72 x 8g carboidrati per 100g / 100g = 5,76

Quanto detto risulta utile per capire come il consiglio “eliminare gli zuccheri” preso alla lettera possa portare alla demonizzazione di un alimento prezioso e ricco di fibra e micronutrienti come ad esempio la frutta che, se ben gestito, non interferisce affatto con la normalizzazione della glicemia.

Infatti gli alimenti ricchi di fibra possono aiutarci a migliorare il carico glicemico di un intero pasto. Questo può essere molto utile soprattutto quando ci troviamo a dover consumare pasti fuori casa dove la scelta alimentare è spesso limitata. Ad esempio unire verdura o legumi a carboidrati raffinati (pasta o riso) può rallentarne sensibilmente l’assorbimento.

A questo proposito voglio fare una precisazione circa i prodotti integrali. Non fermatevi alle sole etichette, perchè nella quasi totalità delle volte quel alimento è “finto integrale”. Di questo ne abbiamo già parlato molto bene in un video, e vi lascio il link qui sotto per andarlo a guardare.

Impostare quindi un’alimentazione adeguata al caso specifico e associarla ad un programma di attività motoria può aiutare in modo significativo a riportare i valori di glicemia alla normalità e, nei casi più lievi, a rendere perfino superfluo il ricorso ai farmaci.

 

 

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